Archivio per aprile 2006
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Morte ed il Controllo negato.Chuck Schuldiner 2 comments
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Piove.
Le fitte goccie di pioggia ricadono sulla mia testa,picchiettando come incessanti martelli,incertezze dimenticate che piovono dal cielo come mandati oscuri.
Cammino lentamente,ascoltando i passi che risuonano sul terreno bagnato,guardando,con insolita attenzione,alle impronte lasciate dal mio passaggio.
Ho bisogno di sicurezza,e la pioggia mandata dal Cielo non mi aiuta di certo a trovare conforto.
Cosa sta succedendo a queste terre malate?Forse solo un’impressione,forse tutto questo è solo un’incubo nero in un mare viscoso di realtà passata?
Sento la terra perdere forza,l’energia vitale scivola via,lasciando al suo posto soltanto sconforto e miseria.
Mentre cammino,cerco riparo all’interno del mio misero cappuccio,nero come la notte,forse per simboleggiare la mia ribellione per questo stolto e insulso sistema che da anni impoverisce la terra e gli animi della gente che la abita.
I Neri governano da fin troppo tempo su queste adorate Terre,spadroneggiando come padroni indesiderati e arroganti.
Ma l’ora della riscossa,tenebrosa e lunga come questo viaggio che i miei piedi sono costretti a sopportare,è finalmente arrivata.
La mia spada è ormai troppo che non viene sguainata,la mia mente è stanca di non pensare,il mio corpo è saturo di ozio;
il silenzio,la tranquillità,stanno divorando il mio corpo,indebolendolo,mandando allo sbaraglio l’esaltazione più profonda dei sensi.
Frasi senza senso mi popolano la mente,ballandomi intorno come ombre assetate di ragione,senza badare al significato dei pensieri.
Ho bisogno di un’aiuto,di un consiglio,una decisione,che potrebbe coinvolgere l’intera Terra.
Un obbiettivo si stampa,come impresso a fuoco,improvvisamente nella mia mente:
Eliminare gli oppressori,oscuri cavalieri di antichi tempi ormai dimenticati: I Neri.
Dunque,sotto questa incertezza piovente mi accingo a stampare nella mia mente la tanto temuta frase,nascosta,temuta e evitata come un passato dimenticato,un’incubo senza senso di un pazzo.
Sguaino lentamente la mia lunga spada decorata,segnata dagli anni e dimenticata nella fodera.
Con mistica attenzione osservo ogni angolo di essa,stupito e consapevole delle potenzialità di quell’arma,quasi come un drago a riposo da diversi anni,una mano stringente chiamata Nero.
Vedo finalmente in lontananza il tanto desiderato villaggio di Belniador,ritrovo delle vecchie anime che infestano-nel bene e nel male- questo antico reame dominato e continuamente soppresso nel sangue.
Musica struggente e soave si libera dalle intricate e lontane vie del paese,lasciando un senso di apparente tranquillità dell’animo,ma nascondendo però ribellione e preoccupazione avvincente.
Ribellione e preoccupazione,sentimenti proibiti da diversi anni dai Neri,oscuri padroni di questo reame stanco e tiranneggiato.
Il viaggio che mi ha consumato finora è finalmente terminato,la luce si è liberata dalla piccola fenditura,finalmente la speranza inizia a risollevarsi dal campo di battaglia.
Sono oramai a pochi passi dal paese,povero e malandato,corroso dagli anni e distrutto dalla povertà.
Un tenebroso fumo nero si solleva dal paese,forse formato da un incendio,o da una magia,dando un’aspetto ancora più oscuro al villaggio.
Un piccolo steccato lo circonda,come per simboleggiare un’inutile piccola difesa dal mondo circostante,un grido di ribellione represso,un desiderio affogato nel sangue.
Nel mio animo combattono una miriade di pensieri,di sentimenti,di proposte,di preoccupazioni,accidentando il percorso e inattaccando la lucidità della mente.
Una guardia dal povero abbigliamento mi ferma all’entrata del paese,chiedendomi:
"Da dove giungi,o straniero dal nero cappuccio?"
Senza pensare,rispondo dal profondo dell’anima:
"Da luoghi che la tua mente non può immaginare,da tempi dove regna il muto silenzio,vengo da speranze che stanno per avverarsi,vengo da silenzi che stanno per finire,vengo da dolore che il sistema starà per provare!"
Sguaino,in preda a una febbre incontrollabile,la mia lucente spada,e in un batter di ciglio era lì,in gola a quella guardia spaventata.
Un fremito mi attraversa il corpo,eccitandomi e facendomi gridare.
Da quanto tempo non uccidevo?Troppo,da troppo tempo la mia spada era rimasta in silenzio nel suo antro,e ora finalmente la rabbia si è scatenata,e presto si estenderà a tutti,per vincere finalmente loro,i Neri.
Raccolgo l’alabarda che stringeva la guardia,ormai a terra morente,e ricomincio il mio percorso,indifferente,stringendomi sempre di più nel mio cappuccio nero.
L’esaltazione mi pervade ancora il corpo,come un fuoco maligno ardente dentro di me,incitandomi a rifarlo,uccidere,uccidere ancora,affinchè la rabbia svanisca dal mio corpo.
Cammino ora fra alte case vuote,lungo una stretta via che conduce al centro del paese,dove finalmente,dopo troppo tempo di attesa,posso tramandare il mio santo e crudele messaggio.
La soave musica che si liberava del paese era svanita,e ora il silenzio regna fra queste fredde mura,accarezzate da un leggero,piacevole vento.
Intravedo l’intricata piazza che si libera dalle piccole vie del paese,senza però scorgere nessuno al suo interno: che sia accaduto qualcosa,all’interno di questo ritrovo?
Raggiungo la piazza incerto ma deciso allo stesso tempo,ancora scosso dalla forte emozione che mi ha scosso posseduto quando strappai l’anima alla guardia.
La piazza è deserta,il vento che prima come una gentile fata mi accarezzava i capelli era diventato un lugubre e continuo lamento prodotto dalle intricate e oscure strade del paesino.
Riconosco subito l’insegna che dal giorno che fu io cercavo :le spade incrociate.
Lì da tempo mi devo dirigere,per incontrare il messaggiero,per sfidare il destino,per conoscere il futuro di questa Terra.
Entro deciso nella locanda che brandiva vistosamente quel simbolo e subito mi colpì l’aria malsana di quel luogo: sporcizia e lacrime si riassumono nell’aria che si respirava,come un veleno prodotto dai dolori del tempo,dalle delusioni di una vita.
Nessuno,o quasi,è all’interno di quella sudicia locanda; solo il locandiere alza leggermente il volto fino a incontrare il mio.
“Ombromanto.Finalmente sei giunto.”
“La luce è più forte ora,mastro locandiere.”
Con un sorriso il nano locandiere si alza e viene verso di me,abbracciandomi.
Sento il calore del suo corpo,il suo desiderio di speranza,il suo grido strozzato a forza,la sua voglia di ribellione.
Mi conduce eccitato su per le scale che sono a lato del bancone,e per quanto sono sicuro di me dopo aver ucciso la guardia,la mia mente vacilla ancora.Tutt’a un tratto come un incubo oscuro di esperienze vissute un immagine nel sangue esplode nella mia mente,un flash malefico,una profezia di sventura.
Rallento.Vedo all’improvviso Belniador cadere bruciando nel dolore,e il nano locandiere di fronte a me morire sanguinante,come fosse un insignificante essere dimenticato.
Salgo le scale esitante.Il mio destino mi stava attendendo da molto tempo.
Al termine delle scalle,il nano si ferma,indicandomi la soglia da varcare.
“Lì dietro ti attende il comandante della resistenza,Ombromanto.Che il tuo destino possa essere propizio alla Terra.”
Dimentico le nefaste profezie di sventura e varco la soglia,in preda a una esaltazione profonda:finalmente il momento tanto atteso è giunto.